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30 gennaio 2015

Palazzo degli elefanti

Palazzo degli Elefanti

 

È sul lato settentrionale di piazza Duomo. Prima del 1508, anno in cui fu finalmente edificato compiutamente, il patrizio e i giurati (come dire il sindaco e l’attuale giunta) si riunivano sotto un portico (pressappoco dove il palazzo è adesso) che diede il nome di Loggia al palazzo comunale.
Con il terremoto dell’11 gennaio 1693 l’edificio andò completamente distrutto. Un nuovo edificio fu iniziato ab imisfundamentis nel 1695 dall’architetto veneto Sanarelli insieme con il capomastro localeGiuseppe Longobardo; questi fu uno degli artigiani più attivi e valenti nella ricostruzione della città dopo il terremoto e lo vediamo impegnato in diversi cantieri, fra cui quello dell’edificio universitario. Successivamente l’edificio (detto anche palazzo senatoriale) fu proseguito dai fratelli messinesi Amato con il Longobardo medesimo, arrivando nel 1730 al primo piano; in questo stesso anno il vescovo Galletti successo al vescovo Riggio, chiamò a Catania il suo concittadino palermitano Giambattista Vaccarini, perché intervenisse nei lavori di costruzione della cattedrale.  A vaccarini nel 1732 fu affidato l’incarico di rifare il prospetto di mezzogiorno di cui ci rimane il disegno che un collaboratore di Vaccarini, Giuseppe Palazzotto, riprodusse in stampa e che il Leanti allegò nel suo “Lo stato presente della Sicilia”, pubblicato nel 1761. Questo prospetto fu terminato nel 1750, diversamente dal disegno anzidetto; Vaccarini fece anche la corte interna. Nel 1780 fu completato il prospetto settentrionale, su piazza università, dal regio ingegnere Carmelo Battaglia. A tutt’oggi l’edificio è sede della municipalità. Il 14 dicembre 1944 fu incendiato durante una sommossa popolare contro la coscrizione obbligatoria, episodio testimoniato da una lapide all’interno; ristrutturato da tecnici comunali, l’edificio fu riaperto il 14 dicembre 1952. La pianta del palazzo &egraqve; quadrata. Dei quattro prospetti il migliore è quello di mezzogiorno, realizzato da Vaccarini che innalzò l’edificio dai pilastri che trovò iniziati; le lesene, arricchite di bugne a diamante e a cuscino fino al primo piano, proseguono poi basse e lisce fino all’architrave della trabeazione, senza capitello.
Il portone è compreso fra quattro colonne di granito a coppie che sorreggono la splendida tribuna, sulla cui sopracornice stanno le armi di Catania e ai lati del timpano due statue rappresentanti la Giustizia e la Fede.  Per le bugne e i paramenti Vaccarini usò il calcare di Siracusa. Dall’atrio occidentale si può accedere a una bella scalinata attribuita all’architetto Sebastiano Ittar (1778 – 1847), figlio di Stefano. La struttura esterna è rimasta sempre pressoché immutata, mentre l’interno ha subito diverse ristrutturazioni.  Ecco perché l’edificio si chiama palazzo degli Elefanti. Vaccarini adornò i frontoni dei balconi con l’iniziale della patrona (A) e con elefanti per richiamare l’emblema della città. Sul prospetto principale, nei sei balconi del primo piano, sono scolpiti, alternati, quattro elefanti e due A. Identica decorazione nel prospetto di Via Etnea e quello di via Merletta.

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